“La Grecia debutta dopo quattro anni sul mercato dei titoli di Stato con un boom di domanda (oltre venti miliardi di euro) che ha consentito di collocare tre miliardi di titoli a cinque anni. Il tasso del collocamento è al 4,95%.” – 10 aprile 2014.
All’epoca, fondi internazionali di prim’ordine, come BlackRock, Fidelity, Carmignac Gestion, hanno ritenuto i bond greci un buon investimento.
La Grecia, da parte sua, ha potuto festeggiare con il ritorno sul mercato dei capitali. Un’economia apparentemente stabilizzata, un’austerity che ha portato alla riduzione di stipendi e pensioni per circa il 60%, la promessa di ulteriori riforme, hanno consentito al governo di attrarre gli investitori specializzati convincendoli ad acquistare il debito greco.
Dall’altro canto, in un mercato con rendimenti obbligazionari bassissimi, i gestori dei fondi, con le tasche piene di liquidità, hanno ritenuto valesse la pena giocare la scommessa greca. Sette mesi dopo i fondi fanno a gara per vendere e i rendimenti schizzano al 10%.
Probabilmente le imminenti nuove elezioni potrebbero portare alla nomina di un capo del governo che potrebbe bloccare le riforme e l’austerity che hanno caratterizzato gli ultimi 5 anni di vita dei greci, causando il panico tra gli investitori.
Solo qualche mese prima, nel 2013, i fondi hanno conseguito enormi guadagni acquistando ad un prezzo da saldo i bond greci ristrutturati.

Quanto sta succedendo in Grecia dovrebbe insegnarci alcune cose. In particolare vogliamo focalizzare l’attenzione degli lettori sul rapporto rischio-rendimento. Questo ci porta a fare un parallelo con i BTP italiani. A nostro avviso i rischi impliciti nel nostro debito, cristallizzati dal recente giudizio di Standard&Poor (BBB-), non sono prezzati dall’attuale rendimento dei BTP. Qualora, nei prossimi mesi, si verifichino eventi come, ad esempio, il rialzo dei tassi americani, turbolenze in seno alla maggioranza di governo… i rendimenti dei BTP potrebbero comportarsi come i bond greci.
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