Il debito pubblico italiano è una vera palla al piede che frena crescita e investimenti. Siamo al terzo posto tra i Paesi meno virtuosi, se consideriamo il rapporto tra debito pubblico e PIL. Vista la nostra convivenza strutturale con il debito grazie ad un bilancio dello stato da decenni fuori controllo, si è sempre creduto che noi italiani fossimo molto oculati ed esperti nel gestirlo, programmando in modo intelligente emissioni, scadenze, strumenti di protezione del rischio. Una ricerca di Bloomberg dimostra, al contrario, che negli ultimi anni siamo stati gli ultimi della classe. Partiamo del rapporto tra spread e debito. Dal governo ci hanno sempre detto che più cala lo spread, maggiori sono i benefici per le casse dello Stato, che deve pagare meno interessi sul debito. In teoria dovrebbe essere così, ma qualcosa è andato storto. Le perdite da prodotti derivati stanno annullando e superando tutti i risparmi dovuti allo spread, che è passato da 700 punti agli attuali 130. Come mai? I derivati sono degli strumenti finanziari che generalmente hanno una connotazione negativa (descritti come scommesse puramente speculative), ma in realtà sono degli strumenti abitualmente utilizzati da multinazionali, aziende ed istituzioni per proteggersi dai rischi. Facciamo un esempio: ho una compagnia di trasporti che ha tra i costi più importante quello del carburante, se questo calasse rispetto a quanto preventivato nel business plan, tanto meglio per l’azienda. Se invece dovesse salire sarebbero dolori e l’azienda rischierebbe addirittura di fallire o comunque di andare in perdita. Cosa si fa quindi? Ci si deve proteggere dal rischio di aumento del prezzo del carburante. Si stipula un derivato che scommette sull’aumento del prezzo del carburante, in modo tale da poter recuperare i mancati guadagni o le perdite operative registrate a causa dell’aumento dei costi, con la “vincita della scommessa” fatta col derivato. Al contrario, se il prezzo del carburante dovesse calare, perdo la scommessa, ma la gestione operativa dell’azienda registra un bilancio in positivo. In una gestione virtuosa di un’azienda, i ricavi o perdite da derivati dovrebbero mitigare i rischi e mai portare il bilancio complessivo in perdita. Se questo dovesse accadere vuol dire che la gestione finanziaria è stata falliment
are. Il direttore finanziario dovrebbe essere accompagnato alla porta. Secondo i dati pubblicati da Bloomberg, negli ultimi 4 anni l’Italia ha “perso” con i derivati circa 17 miliardi di Euro. Nel 2014 a fronte di un risparmio di 2,76 miliardi di Euro conseguito grazie al calo dello spread, vi sono state perdite da derivati per 5,46 miliardi di Euro. Una perdita netta di circa 3 miliardi. Situazione opposta a quella di altre nazioni europee, Francia e Germania. Non possiamo permetterci errori di questo tipo! Il responsabile della gestione del debito, Cannata, e il capo del tesoro, Padoan, devono spiegare agli italiani come mai si è giunti a questi pessimi risultati. Chi ha sbagliato deve accomodarsi in panchina e lasciare la gestione del debito pubblico italiano ad un nuovo manager. Nessuna polemica, né una questione politica, ma la presa di coscienza di aver fatto peggio di qualsiasi altro paese europeo.
la redazione
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