Il mercato del lavoro italiano è molto complesso, pieno di contraddizioni e di volontà tra di loro spesso contrapposte, resta il problema della disoccupazione molto alta tra i giovani e le donne, dalla volontà di cercare una soluzione nasce il Jobs Act. La riforma è in essere da appena un mese, si possono però già tirare le somme di un provvedimento per certi versi controverso e utile al tempo stesso, non sempre utilizzato al meglio. Palazzo Chigi grida al trionfo guardando i numeri: oltre 92.000 registrate nel mese di marzo sono un successo, la metà di queste a tempo indeterminato. Dietro al clamore dei numeri esistono però preoccupanti fenomeni di applicazione della riforma. il Jobs Act, al di là della propria intenzione e di tutte le parole che la politica ha utilizzato per parlarne, sempre in termini positivi, ha creato anche altri processi, distribuendo incentivi per le assunzioni in maniera generalizzata e poco controllata:
- la piena deducibilità della parte dell’Irap che si applica al lavoro,
- la decontribuzione previdenziale per tre anni per il nuovo assunto
- Licenziamenti più facili
- Demansionamenti flessibili
La riforma ha mosso gli appetiti di tutti quegli imprenditori definibili più come “ furbetti del quartierino”, ha creato situazioni che, anche se isolate per adesso, fanno parte del modo italiano di fare non sempre bene le cose:
- In provincia di Caserta, gli ispettori del Lavoro non hanno trovato né i 49 lavoratori assunti a tempo indeterminato e neanche i macchinari. L’azienda tessile era solo sulla carta, nel frattempo le agevolazioni concesse dallo Stato si erano volatilizzate.
- Nella città di Cinisello Balsamo, l’azienda call & call, ha annunciato di voler chiudere la sede con i suoi 186 operatori di call center assunti a tempo indeterminato. Nel frattempo, tramite le sedi di Roma e Locri, tutte facenti capo a srl con diversa ragione sociale, ha deciso di assumere con contratti a tutele crescenti, fruendo delle agevolazioni del Jobs Act.
- In provincia di Padova, le industrie di Ermenegildo Zegna hanno annunciato la chiusura dello stabilimento, proponendo ai lavoratori il trasferimento presso gli stabilimenti di Parma, Novara o Biella. I sindacati hanno subito parlato di soluzione legata alle agevolazioni, se infatti un lavoratore rifiuta il trasferimento presso altra sede, scatta il licenziamento per giusta causa, in questo modo l’azienda può assumere altro personale con il contratto a tutele crescenti.
Luci ed ombre di una riforma che potrebbe dare uno stimolo deciso alle assunzioni, e causare fenomeni di deriva e di distorsione; ancora una volta la politica è chiamata non solo a rispondere di un proprio provvedimento ma anche a creare strumenti di controllo.
Alessandro Baldini
info@italiasalva.it
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