Il risparmio postale è sempre più aggressivo. Buoni fruttiferi postali e libretti di risparmio, specialmente nelle versioni più evolute, seducono i portafogli dei risparmiatori italiani: 320 miliardi di euro, pari al 9% dell’ammontare totale del risparmio detenuto dalle famiglie sotto forma di attività finanziarie. Il forziere del tesoro è la Cdp, che si avvale del braccio operativo Poste Italiane. Poste Italiane riceve in cambio una quota fissa, stabilita con un contratto di servizio, per la raccolta del risparmio postale degli italiani. Pensionati, ragazzi, minori accorrono nella rete commerciale più capillare d’Italia per sottoscrivere i prodotti Cdp.
Quanto paga Cdp a Poste?
Gli ultimi dati a disposizione sono riportati nella relazione semestrale Cdp 2014. Il risparmio postale a bilancio ammonta a 244.770 milioni di €, in soli sei mesi Cdp ha versato 853 milioni di euro, della remunerazione riconosciuta dalla Capogruppo a Poste Italiane S.p.A. per il servizio di raccolta del Risparmio Postale. Si tratta di una commissione dello 0,7%.
Il Risparmio Postale costa caro a Cdp?
Una commissione dello 0,7% per il collocamento di un prodotto è modesta. Il collocamento delle obbligazioni Cdp, per esempio, era costato l’ 1,23%, e ItaliaSalva aveva gridato allo scandalo, accusando Cdp di aver regalato 16 milioni alle Banche. Ad una prima analisi dovremmo essere confortati dalla commissione per il risparmio postale, ma non è cosi. Il calcolo dell0 0,7% di commissioni è ipotizzato da un collocamento annuale dei prodotti: è come se ogni anno tutti i detentori di buoni fruttiferi liquidassero i vecchi buoni e sottoscrivessero i nuovi… La realtà è diversa, una volta sottoscritto un buono ce lo teniamo per parecchio tempo, in alcuni casi anche 20 anni. Se supponiamo che mediamente il risparmiatore italiano non “ruota” i proprio risparmi per 2/3/4 anni la commissione si raddoppia/triplica/quadruplica…
0,7% è una commissione MOLTO ALTA!!!
Il problema fino ad ora non si è posto poichè Cdp è una società a maggioranza pubblica (70% tesoro) e l’assetto proprietario di Poste Italiane vede la partecipazione totalitaria del Ministero dell’Economia e delle Finanze. I soldi uscivano da una tasca ed entrano nell’altra. La privatizzazione delle Poste pone il problema, il prezzo per gestire il risparmio postale non può essere concordato in sordina, ma dovrebbe essere oggetto di una gara pubblica. Tutte le banche e gli operatori finanziari italiani farebbero carte false per entrare nel business e sicuramente l’apertura al mercato consentirebbe a Cdp, quindi al cittadino, di risparmiare…
Sul piatto qualche centinaio di milioni, li vogliamo regalare ai nuovi azionisti di Poste?
Luigi.Ciotta@ItaliaSalva.it
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