“La buona scuola, facciamo crescere il Paese” è questo lo slogan che confeziona la legge voluta dal governo italiano, il pacchetto di misure, in sintesi, prevede: la stabilizzazione di 100.701 precari; scatti di carriera legati ai crediti formativi e didattici che gli insegnanti acquisteranno nel tempo; premi ai docenti più meritevoli decisi dal dirigente scolastico; valorizzare musica ed educazione motoria nella scuola primaria, lingua e cittadinanza attiva alle medie, arte diritto ed economia alle superiori, alternanza scuola-lavoro per i liceali; insegnamenti opzionali per gli studenti che cosi costruiranno il proprio CV.
La scuola è strategica per il futuro del Paese, e nessuno può negarlo. La competenza, e la professionalità, dei nostri giovani sarà il vero asset strategico per il Paese nella partita della competizione internazionale. E’ proprio questo gap che bisognava colmare, purtroppo dalle rilevazioni internazionali INVALSI, con il progetto Pisa, emerge chiaramente che i nostri studenti non sanno più “leggere, scrivere e far di conto”. Le riforme messe sul piatto dal governo, non solo non attenuano queste differenze culturali con i nostri principali competitor, ma accentuano, a mio parere, il declino formativo dei nostri giovani.
Politici e commentatori sostengono che gli insegnanti sono il punto da cui la riforma doveva partire. Nella puntata del 30/04/15 di Servizio Pubblico Fassina bocciava “Questo modello in cui il preside diventa il padrone della scuola e marginalizza l’insegnante. Dove gli insegnanti precari vengono lasciati fuori dalla porta nonostante siano abilitati, abbiano straordinarie qualità. Ed Emiliano confermava “Non si possono mettere per strada 80.000 persone con le quali abbiamo fatto funzionare la scuola per anni e su questa roba lavoriamo insieme”.
Dove si evincono le qualità di cui parla Fassina?
Le rilevazioni Pisa 2012 per l’Italia sono imbarazzanti, inferiori alla media Ocse. Non saprei a quali qualità si riferisca Fassina, a quali dati possa attingere per fare affermazioni di questa natura. Sicuramente il prodotto dell’insegnamento viene giudicato mediocre. La laurea o il diploma non sono, ormai per l’azienda, alcuna garanzia di competenza e preparazione.
Il merito nella scuola
I professori italiani non dovrebbero essere valutati dal preside, basandosi sui progetti o sulla subordinazione che il professore manifesta nei confronti del dirigente scolastico. Le valutazioni le fanno gli studenti, dimostrando il livello di preparazione conseguito (vedi test Invalsi). L’arbitrio o le simpatie dei presidi rimangono alla porta e solo cosi il merito sarà il vero metro per le remunerazioni dei professori. E se gli studenti non raggiungono dei livelli adeguati di preparazione è giusto allontanare il professore dall’insegnamento, non ci si può permettere di compromettere il futuro professionale di un’intera classe per tutelare un cattivo lavoratore. Questo è un punto fondamentale del Nostro Manifesto.
Luigi.Ciotta@ItaliaSalva.it
Buongiorno Pippo,
la scuola deve tornare a formare e soprattutto a SELEZIONARE. Incontro quotidianamente geometri che non sanno calcolare l’area del quadrato e ingegneri che arrancano con le unità di misura. Come è possibile??? La platea, probabilmente, tornerebbe ad essere collaborativa se la scuola ritornasse a pretendere impegno e dedizione nella aule.
Domanda per lei, come un docente/insegnante può esser valutato da un test fatto al discente? Le rammento che la conoscenza/competenza non può esser trasmessa se di fronte non c’è una platea collaborativa.
La didattica non è un’industria dove noto il processo e le materie prime si ottiene come risultato un ottimo prodotto!!!
La solita retorica.