Il Jobs act è, dopo un travagliato iter parlamentare, legge dello Stato. Per saggiarne gli effetti, dovremmo aspettare dei mesi, forse anni, nonostante l’entusiasmo e i toni trionfalistici lascino presagire effetti memorabili sull’occupazione. Nel panorama europeo, le misure messe in campo dalla squadra di Renzi non sono una novità. La Spagna ha già implementato da anni delle misure similari. Il Paese iberico potrebbe essere un interessante laboratorio per provare a capire cosa potrebbe succedere in Italia. La Spagna sta stupendo gli osservatori, è il paese che almeno in apparenza sta facendo meglio di tutti in Europa. Il PIL cresce da 7 trimestri consecutivi, per un aumento del 2,9% annuo. Numeri che l’Italia può solo sognare e che farebbero la fortuna di qualsiasi politico. Rajoy sta puntando proprio su questi dati per cercare la rielezione, purtroppo, però, i dati sul PIL, da soli, non sono rappresentativi della complessa crisi spagnola. Il mercato del lavoro langue profondamente. Facendo un po di storia, nel 2007 il tasso disoccupazione era da primi della classe, il 7,9%! Con lo scoppio della bolla immobiliare tutto è cambiato. A fine 2011 Rajoy viene eletto primo ministro con un tasso di disoccupazione del 23%. Il picco del 27% si registra nei mesi successivi. Poi, complice la ripresa internazionale e grazie alle nuove politiche del lavoro, il trend si inverte, fino ad arrivare all’attuale 24%. Può essere questo considerato un successo? L’attuale mercato del lavoro è profondamente diviso, come in Italia, tra vecchi e nuovi assunti. E’ caratterizzato da precarietà e bassi salari, più del 50% di tutti coloro che risultano disoccupati non ha totalizzato nemmeno una giornata di lavoro negli ultimi 12 mesi (per propria volontà o per reale mancanza di occupazione?). A nostro avviso Rajoy non può essere considerato un
vincitore, almeno per ora. La Spagna, come l’Italia, non è fuori dalla crisi. La lotta alla disoccupazione è possibile. A nostro avviso la ricetta di Rajoy e di Renzi non è quella giusta. Occorre intervenire in modo strutturale creando le competenze necessarie alla moderna società globalizzata, ed allineare la politica economica ed industriale del Paese. Occorre favorire la partecipazione femminile al lavoro. Occorre disincentivare situazioni di lassimo. Occorre tempo….. Che i populismi, alle porte, non concedono. La caccia ai voti è spiatata. Sono ammesse armi non convenzionali farcite di arroganza ed incompetenza. Il rischio di fare due passi indietro, invece che uno in avanti, è molto forte.
domenico.totaro@italiasalva.it
Lascia un commento