Non abbiamo mai smesso di seguire da vicino la situazione dell’economia giapponese. I motivi risiedono nelle tante somiglianze tra la realtà giapponese e quella europea (ed in particolare con l’Italia). Il Giappone molto prima dell’Europa ha attivato una politica di quantitative easing aggressiva (aumento i soldi in circolazione stampando moneta) nel tentativo di uscire dalla spirale deflazionistica in cui è avvolta dagli anni 80 (prezzi che non crescono mai). Quali sono i risultati dell’Abenomics? Uno yen svalutato (anche in Europa abbiamo avuto una perdita di valore dell’Euro rispetto al dollaro), il debito pubblico che continua a crescere (anche in Italia), neanche l’ombra di un briciolo di inflazione (come in Europa). Proprio oggi sono usciti i dati relativi ai prezzi di agosto. Confrontandoli con quelli dell’anno prima, risultano più bassi dello 0,1%. In pratica il Giappone è tornato in deflazione. Secondo le teorie degli economisti e dei banchieri centrali, l’inflazione dovrebbe consentire la riattivazione di un ciclo economico virtuoso e la riduzione del debito pubblico. Ma purtroppo le cose non stanno andando come sperato.
Dopo aver punito il Brasile con un downgrade, la scure di Standard&Poor si abbatte anche sul Giappone. Il downgrade assegnato al debito, lo porta ad un livello più basso di quello di Cina e Corea del Sud. Il debito pubblico giapponese è arrivato vicino alla soglia del 250% rispetto al PIL! Considerando il rallentamento dell’economia cinese, principale partner commerciale del Giappone, le previsioni per l’economia giapponese non possono essere altro che negative, rendendo il peso del debito sempre più insostenibile. Quanto sta accadendo in Giappone ci aiuta ancora una volta a capire cosa potrebbe succedere in Europa e in Italia se non si agisce su questioni di fondo che tengono ferma al palo l’economia. Aggiungiamoci che il Giappone è quasi privo di rischio politico, mentre conosciamo bene la debolezza della governance europea e quella dei singoli stati. Un downgrade sui titoli di stato italiani avrebbe effetti che non vogliamo neanche immaginare. I dati sbandierati da Renzi su disoccupazione e crescita del PIL segnano sicuramente un interruzione del trend negativo che andava avanti ormai da anni, ma non sono assolutamente sufficienti a riportare la situazione italiana sotto un profilo di tranquillità. Il paventato taglio dell’IMU sa molto più di mossa elettorale che di saggia decisione politica ed economica. Purtroppo chi credeva che Mario Draghi fosse onnipotente ha commesso un grave errore. I sacrifici non sono ancora finiti, anzi, sono appena cominciati.
domenico.totaro@italiasalva.it
Già. Sarà il caso di riflettere sull’inflazione e sui fattori che la determinano. A cominciare dalla demografia. Senza arrivare al “demography is destiny” non dovrebbe essere difficile capire che è uno dei fattori che determinano le sorti del mondo. Eppure se ne parla pochissimo…ogni tanto…così…tanto per passare il tempo…