Sono 3 milioni di nuclei familiari (l’11,7% del totale) che, secondo l’Istat, sono risultate «in difficoltà» con il pagamento delle spese domestiche nel 2014, dalle rate del mutuo all’affitto passando per le bollette. In particolare, si legge nelle statistiche, il 10,2% delle famiglie si è trovata in ritardo con i pagamenti delle bollette per le utenze domestiche; tra le famiglie in affitto il 16,9% si è trovata in arretrato con il pagamento; il 6,3% delle famiglie con il mutuo da pagare si è trovato infine in arretrato con la rata. L’esposizione delle famiglie al ritardo nei pagamenti delle spese per la casa, evidenziano i tecnici dell’Istat, «si associa nettamente all’onerosità delle spese stesse e, in particolare, alla loro incidenza sul reddito disponibile». Infatti, le categorie di famiglie maggiormente interessate dal problema sono quelle del quinto quintile, ovvero della fascia di reddito più povero (il 29,2% sono risultate in arretrato con le spese per la casa, pari a 1 milione e 505mila famiglie) e, più in generale, quelle in affitto (27,6%, 1 milione e 320mila) o quelle gravate da un mutuo per la casa (14,8%, 561mila). Per Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, «i dati dell’Istat sull’aumento delle spese per la casa dimostrano, da un lato, quanto importante sia stata la decisione di eliminare la tassazione sulla prima casa e, dall’altro, quanto urgente sia accompagnare tale intervento con l’adozione di misure che favoriscano l’affitto, attraverso una almeno parziale detassazione degli immobili locati. «In Senato, opportunamente, si sta lavorando proprio in questa direzione nell’ambito del disegno di legge di Stabilità e confidiamo che nessun ostacolo si frapponga a questo completamento della manovra fiscale sulla casa, che consentirebbe di dare ossigeno ad un settore martoriato dagli aumenti di tassazione degli ultimi anni e a serio rischio di estinzione».
Fino a qui abbiamo riportato la notizia e le fuorvianti valutazioni della classe dirigente di questo Paese. I dati dicono che la casa mette in difficoltà le famiglie, in particolare quelle povere e in affitto; al di là della retorica di Confedilizia, proprio la categoria di persone che non verrà per niente aiutata dall’intervento sull’IMU. Ricordiamo a Giorgio Spaziani Testa che chi è in affitto non paga l’IMU, e le persone meno abbienti occupano case con basse rendite catastali il cui Imu corrispondente non riesce, in molti casi, a saturare le franchigia per famiglie e figli a carico.
L’unico salvagente per le persone in difficoltà (povere e in affitto) è il canone concordato. Si tratta di un accordo tra sindacati di categoria e i comuni per un canone calmierato, regolato da tabelle. Il proprietario può decidere, motu proprio, di accordare uno sconto sui prezzi di mercato. Per il comune di Milano, ad esempio, vengono definite 12 zone di applicazione e, per ognuna, 3 fasce di qualità dell’appartamento. Ad esempio, un monolocale in zona periferica può essere affittato da 78/96 €/mq anno: da 195 a 240 € al mese. Lo stesso immobile viene affittato a valori di mercato di 400/500 €/mese. Quali sono i vantaggi?
NESSUNO. Il locatore ha dei minimi vantaggi fiscali, rapportati ai 2500 € di mancato incasso:
- cedolare secca al 10%, max 317 €/ anno
- aliquota IMU 0,65%, 105 €
UNA PERDITA DI 2.078 €.
L’assessore di Milano Benelli ha ricordato le risorse economiche messe a disposizione dall’Agenzia sociale per la Locazione : “la cui azione si basa proprio sulla diffusione dei contratti d’affitto a canone concordato, con l’obiettivo di prevenire e sostenere le situazioni di morosità incolpevole sempre più diffuse nel mercato delle locazioni private”. Peccato che mentre il governo aiuta le classi più facoltose con l’intervento sull’Imu, delega ai proprietari l’unico vero intervento assistenziale sulla casa.
Luigi.Ciotta@ItaliaSalva.it
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