Il ministro del Lavoro torna a strigliare i giovani: «Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21», durante la convention di apertura a Verona di «Job&Orienta», mostra convegno nazionale dell’orientamento, scuola, formazione, lavoro. L’ultima volta era stata Elsa Fornero a bollarli come «choosy», schizzinosi. Come allora un marasma di polemiche, l’indignazione dei giovani laureati straborda in rete. Eppure sono proprio le aziende a non prendere in considerazione curricula di ragazzi che hanno finito il proprio percorso formativo con bassi voti e in ritardo, riportiamo l’estratto di un bando di selezione per un master finalizzato all’assunzione di una primaria azienda italiana:
- voto di laurea non inferiore a 100/110
- età non superiore a 28 anni alla data del 31/12/2015
- buona conoscenza della lingua inglese scritta e orale
Questi sono i requisiti minimi per i giovani ingegneri. Quindi non serve laurearsi dopo i 28 anni con 110 e neanche a 21 con 97. L’azienda italiana cerca l'”eccellenza”, soprattutto in un momento in cui abbonda il personale qualificato.
La Laurea non è per tutti
I criteri di valutazione delle università italiana, per l’attribuzione del FFO (Finanziamento ordinario delle università), si basano anche sui risultati della didattica: numero di studenti regolari. Le pressioni sui docenti per raggiungere questo obiettivo sono fortissime, e gli studenti confermano che essere respinti durante una sessione di esame è quasi impossibile: è solo una questione di voto. Nonostante questa enorme sanatoria per edulcorare le statistiche di ateneo, troppi studenti continuano a laurearsi tardi e male. Alle nuove condizioni al contorno, far laureare un ragazzo a 30 anni è accanimento terapeutico:
- Distoglie risorse ai meritevoli (borse di studio, penalizza la didattica…);
- allontana i ragazzi dalla produzione, e dalle proprie inclinazioni naturali;
- zavorra le famiglie;
- sconforta le aziende.
Purtroppo l’Italia è un Paese mammone che ha difficoltà a rimproverare i propri figli. Intanto le aziende soddisfano le proprie necessità di personale con le migliori figure disponibili sul mercato. E per coloro i quali non riescono a trovare collocamento, indipendentemente dalle polemiche, ci sono 2 possibili percorsi: accrescere il proprio appeal professionale, demanzionarsi. Quanti laureati hanno preso atto di questa fredda e ineluttabile realtà? Troppo pochi. Ogni anno celebriamo la dignità del lavoro, ma purtroppo continuiamo a reputare degno solo il lavoro che abbiamo sempre sognato.
Luigi.Ciotta@ItaliaSalva.it
Nel nostro paese, il 90% dei posti di responsabilita’ in strutture pubbliche e affini, è occupato non dai più meritevoli,ma dagli appartenenti alla casta politico-criminale. Purtroppo sono quasi la maggioranza. La restante parte , costituita da disoccupati con un buon titolo di studio e senza raccomandazione, è costretta ad accettare lavori mortificanti e sottopagati. Per non parlare poi dei mandati di vendita con umiliazioni ancora maggiori , al limite dello zingaraggio, e relativa perdita di soldi che si è costretti ad anticipare…Ci vorrebbe una rivoluzione radicale per ridare speranza ai disoccupati di qualsiasi eta’; a cominciare dai parassiti dello stato, dagli enti inutili, (l’elenco è lunghissimo) e arrivare a colpire chi timbra il cartellino e poi si allontana.
Immediatamente si aprirebbe uno scenario ricchissimo di oppurtunita’ per tutti!
demansionarsi? facile a dirsi…..dopo che un ragazzo ha sudato anni per la laurea.
La prima cosa che dovrebbero fare questi ragazzi è non votare più coloro che ci hanno governato negli ultimi decenni, perchè se l’Italia è ridotta così la principale responsabilità è proprio di chi ci ha governato fino ad oggi.
Andate a votare, ma non votate i soliti noti.
Mario