Le dichiarazioni del ministro Poletti al convegno della Luiss sul Jobs Act sono state oggetto di forte discussione nel weekend e argomento di facile giornalismo con titoli roboanti. La Camusso accusa Poletti di voler fare Ufo Robot, la Uil lo accusa di liberismo selvaggio. Poletti torna sull’argomento: “Non accetto né distorsioni né banalizzazioni. Io ho parlato della necessità di pensare a un contratto che non abbia il riferimento orario come unico parametro. Ripeto: come unico parametro”. Quali possono quindi essere gli altri parametri? Mettiamoci prima nei due estremi: lavoro pagato esclusivamente a cottimo e lavoro pagato esclusivamente ad ore. Il pagamento in base all’unità prodotta (tipicamente chiamata cottimo) è concettualmente riferibile ad operazione semplici e ripetitive, facilmente misurabili e per le quali si può mettere in relazione il lavoro prestato e l’unità prodotta. Ma questa situazione è sempre più rara nel mondo attuale. Nell’ambito dei servizi per i quali prevale il lavoro intellettuale, o della manifattura complessa, è molto difficile mettere in diretto rapporto l’operato del singolo lavoratore con il risultato finale. Dall’altro lato il pagamento del salario basato esclusivamente sulle ore di presenza esclude il dipendente da ogni forma di rischio o di potenziale beneficio derivante dalla sua cattiva o buona prestazione lavorativa. Ecco così nascere delle forme di “incentivo” che premiano il dipendente in funzione dei suoi risultati. Risultati, c’è da dire, di non semplice e univoca misurazione da parte del manager o del supervisore. Il salario basato solamente sulle ore lavorate è ormai un lontano ricordo in tante realtà. E questo non vale solo per quadri o dirigenti. Accanto a forme di incentivazione economica le aziende maggiormente illuminate creano dei sistemi di welfare aziendali per cui, accanto alla busta paga, il dipendente può accedere a tutta una serie di servizi (asili per i figli ad esempio). Ovviamente ci sono aziende di serie A e aziende di serie B. A testimoniare che si può conciliare profitto, welfare, responsabilità sociale, abbiamo l’esempio del capitalismo etico di Brunello Cucinelli a cui abbiamo più volte dedicato spazio. Dall’altro lato ci sono aziende che fanno dello sfruttamento dei propri dipendenti il caposaldo della strategia aziendale. Il successo aziendale e la sua sostenibilità è determinato dalla condivisione di obiettivi di lungo termine tra azionisti e lavoratori, e dalla capacità di dimostrare flessibilità trovando insieme le soluzioni per fronteggiare situazioni particolari. Per le aziende di serie B il futuro è segnato. Non c’è sindacato o forma di retribuzione che tenga. I primi a criticare Poletti sono stati i vertici dei sindacati, sempre più ai margini della questione lavoro e autocondannatisi alla irrilevanza. Dall’altro lato il governo incapace di intervenire su questioni fondamentali (credito alle imprese, tassazione sul lavoro, semplificazione della burocrazia, etc.) cerca sponda negli industriali su un argomento molto sensibile e più facilmente aggredibile. Solo un mercato del lavoro simmetrico, vicino alla piena occupazione (in Germania siamo ad un tasso di disoccupazione record del 6,3%) può essere veramente virtuoso. Altrimenti, caro Poletti, si otterrà solo deflazione salariale (abbassamento medio dei salari). Sempre che non sia questo il vero obiettivo del governo.
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