E’ sotto l’egida di una lettera dal sapore vagamente minatorio che si aprirà l’assemblea della BANCA POPOLARE DI VICENZA che sarà chiamata a deliberare principalmente su questi punti:
- La trasformazione in SpA;
- La quotazione in borsa;
- L’aumento di capitale, con esclusione del diritto di opzione a norma dell’art.2441, comma 5 cc
In realtà, a prescindere dalla lettera della BCE, i soci si troveranno di fatto a votare un pacchetto preconfezionato dagli amministratori, senza avere concretamente alcuna possibilità di scelte alternative. Vediamo perché.
L’obbligo di Trasformazione in Spa
Per quel che riguarda la trasformazione in SpA, la stessa è obbligatoria per legge, in quanto la BANCA supera gli 8 miliardi di attivo. Quindi la proposta di trasformare la Banca da società cooperativa in società per azioni nasce dalla recente riforma del quadro normativo di riferimento (DL 3/2015), che fa onere alle banche popolari il cui attivo superi la somma di 8 miliardi di euro di ridurre l’attivo sotto tale soglia o di trasformarsi in società per azioni entro un anno dal superamento del limite d’attivo sopra indicato. In caso di mancata adozione dei provvedimenti suddetti, Banca d’Italia può vietare di intraprendere nuove operazioni, proporre alla Banca Centrale Europea la revoca dell’autorizzazione all’attività bancaria e al Ministro dell’economia e delle finanze la liquidazione coatta amministrativa della banca interessata.
La scelta della quotazione in borsa e dell’ Aumento di Capitale
La quotazione in borsa e l’aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione non sono, invece, obbligatori per legge. Ma lo sono diventati di fatto per scelta del CdA. Vediamo perché. Tutto ruota intorno all’impegno di Unicredit, in forza di un accordo preliminare di garanzia, a condizioni e termini di mercato, di sottoscrivere le azioni da emettersi in esecuzione dell’aumento di capitale fino all’ammontare massimo di 1,5 miliardi di euro. Va precisato che anche l’aumento di capitale è di fatto una scelta obbligata dalla normativa regolamentare bancaria. Infatti, per effetto delle perdite 2015 la BANCA ha un ratio patrimoniale CET1 pari al 6,65% a fronte di un ratio richiesto dalla BCE da raggiungere entro aprile 2016, pari almeno al 10,25%. Ma il punto veramente delicato è l’esclusione, a norma dell’art.2441, comma 5, del diritto di opzione. Infatti questa esclusione rischia, nel caso di emissione delle nuove azioni a un valore inferiore al valore economico delle stesse, di realizzare un travaso di ricchezza dai vecchi azionisti a favore dei nuovi azionisti.
Perchè Banca Popolare di Vicenza ha deciso di escludere il diritto di opzione?
Nella relazione degli amministratori all’assemblea sono indicate una serie di motivazioni poco convincenti fino a che non si arriva al punto 4) dove si legge che “lo stesso impegno di sottoscrizione rilasciato da Unicredit S.p.A. a garanzia dell’integrale sottoscrizione dell’aumento di capitale fino a euro 1,5 miliardi dà per presupposta (e quindi vale solo entro i limiti di) una struttura siffatta”. In pratica realizzare un Aumento di capitale in maniera diversa da quanto previsto nella proposta degli amministratori, ivi inclusa quindi la quotazione in Borsa, comporta ipso facto il venir meno dell’impegno di sottoscrizione da parte di Unicredit. Al venir meno della garanzia della sottoscrizione integrale dell’Adc conseguirebbe con ogni probabilità il commissariamento della BANCA e la risoluzione, come del resto crudamente prospettato nella lettera della BCE. In definitiva i soci della BANCA non andranno a votare, bensì a ratificare decisioni già prese a monte dal Consiglio di Amministrazione, senza alcuna possibilità di scelta. Siamo sicuramente in presenza di un grave vulnus alle regole del diritto societario nella parte in cui si prevede che l’organo volitivo delle compagini societarie sia l’assemblea dei soci, cioè i (com)proprietari della società. Sta di fatto che l’aver previsto che il valore di emissione delle nuove azioni sia fissato in base alle proposte dei potenziali acquirenti – c.d. bookbuilding – comporta che gli attuali azionisti non hanno alcuna tutela in relazione alla corretta valorizzazione della BANCA. Questo a maggior ragione in questo momento in cui il valore di mercato dei titoli del settore è chiaramente disallineato (in basso) rispetto al valore economico.
Non sono chiari al momento i motivi per cui Unicredit abbia deciso di sottoscrivere gli impegni di garanzia all’aumento a patto di escludere il diritto di opzione, nè è chiaro se c’erano altre banche pronte a strutturare la garanzia senza escludere il diritto di opzione. Alternative praticabili? Ci sarebbero state. Ma è inutile parlarne a tempo scaduto. Oggi c’è un’offerta che non si può rifiutare. I coautori Catalano e Totaro sono a disposizione sul gruppo Facebook ItaliaSalva per chiarire gli eventuali dubbi dei lettori, degli azionisti, che in questa fase dell’azienda sono più dei passacarte che dei comproprietari.
Il voto estorto in assemblea non è espressione degli azionisti soci di BPV ma dei socio-dipendenti della stessa, stragrande maggioranza anche grazie alle deleghe. Nessun dipendente della banca ha votato liberamente poiché, se avesse votato “no” avrebbe dovuto sottoporsi a schedatura al banco del voto palese con conseguenze professionali gravi! A mio avviso l’assemblea non ha espresso liberamente la propria volontà è quindi da ritenersi nulla!