Una panetteria del centro di Milano non riesce a trovare cinque figure professionali da oltre un mese. Un caso che racconta meglio di qualunque statistica l’altra faccia del mercato del lavoro italiano: quella del mancato incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Barista, cassiera, commessa, panettiere, pasticcere, addetto pulizie sono le figure richieste da più di cinque settimane senza riuscire a coprire neanche una delle posizioni. Nel Paese con il tasso di disoccupazione all’11,2% e con quello giovanile al 34,2% è paradosso: “I curriculum arrivano – spiega Pattini – ma i problemi iniziano al colloquio. Cerchiamo una cuoca che affianchi la nostra, per darle una mano, ma nessuna vuole farlo. Avevamo preso un barista, ma ha rifiutato un contratto perché altrimenti perdeva i 700 euro di disoccupazione. L’altro giorno è venuta una cuoca e ce l’ha detto chiaramente: io comincio da voi, ma aspetto la risposta alla domanda di disoccupazione. Se mi danno l’assegno, non vengo. E non è venuta. Un’altra ha rifiutato il lavoro perché mi ha detto che da piazzale Loreto a qua ci metteva troppo tempo ad arrivare”.
Quali siano le ragioni?
- I sussidi generosi (reddito di inclusione/sussidio di disoccupazione)
- L’elevata scolarizzazione dei disoccupati
- L’ammortizzatore sociale “famiglia”
Il reddito di inclusione
Il Consiglio dei ministri ha approvato definitivamente il decreto legislativo che introduce il reddito di inclusione (Rei). L’importo dipenderà dal numero dei componenti della famiglia e dalla situazione familiare e reddituale. Hanno priorità nell’accesso al Rei le famiglie con figli minorenni o disabili, donne in stato di gravidanza o disoccupati over 55. La misura consiste in un assegno mensile di importo variabile dai 190 fino ai 485 euro in caso di famiglie molto numerose per una durata massima di 18 mesi e sarà necessario che trascorrano almeno 6 mesi dall’ultima erogazione prima di poterlo richiedere nuovamente. Lo strumento dovrebbe coinvolgere circa 660 mila famiglie, di cui 560 mila con figli minori. Sul tavolo il governo ha messo 1,7 miliardi di euro destinati a crescere ad almeno 2 miliardi l’anno. Il reddito di inclusione si va a sommare ad un altro istituto, il sussidio di disoccupazione: riconosciuto fino a 24 mesi dopo la perdita del lavoro.
L’elevata scolarizzazione
«Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21» le dichiarazioni del ministro Poletti seguono le stoccate ai giovani di Elsa Fornero «choosy», schizzinosi. Niente, niente avevano ragione? I criteri di valutazione delle università italiana, per l’attribuzione del FFO (Finanziamento ordinario delle università), si basano anche sui risultati della didattica: numero di studenti regolari. Le pressioni sui docenti per raggiungere questo obiettivo sono fortissime, e gli studenti confermano che essere respinti durante una sessione di esame è quasi impossibile: è solo una questione di voto. Nonostante questa enorme sanatoria per edulcorare le statistiche di ateneo, troppi studenti continuano a laurearsi tardi e male. Alle nuove condizioni al contorno, far laureare un ragazzo a 30 anni è accanimento terapeutico:
- Distoglie risorse ai meritevoli (borse di studio, penalizza la didattica…);
- allontana i ragazzi dalla produzione, e dalle proprie inclinazioni naturali;
- zavorra le famiglie;
- sconforta le aziende.
Purtroppo l’Italia è un Paese mammone che ha difficoltà a rimproverare i propri figli. Intanto le aziende soddisfano le proprie necessità di personale con le migliori figure disponibili sul mercato. E per coloro i quali non riescono a trovare collocamento, indipendentemente dalle polemiche, ci sono 2 possibili percorsi: accrescere il proprio appeal professionale, demanzionarsi. Quanti laureati hanno preso atto di questa fredda e ineluttabile realtà? Troppo pochi. Ogni anno celebriamo la dignità del lavoro, ma purtroppo continuiamo a reputare degno solo il lavoro che abbiamo sempre sognato.
La famiglia
Quanti sono i “ragazzi” stravaccati sul divano ad aspettare la paghetta del babbo? Ognuno di noi potrebbe elencare diversi casi di mammoni senza arte e ne parte ipnotizzati dalle serie di Netflix… fate uno sforzo di memoria, guardatevi accanto…
Le persone che si permettono il lusso, per scelta, di rimanere ad oziare a casa dovrebbero essere sanzionate. Tirandosi fuori dal mercato del lavoro scaricano sui lavoratori un onere aggiuntivo, il cui carico spetterebbe loro. Molti reputano più conveniente rimanere a casa, o magari lavorare a nero, stracciando il patto sociale tra le generazioni.
Ho letto da qualche parte che il titolare non aveva letto diversi curriculum. Una aspirante che lo aveva mandato, ha chiesto un feedback dopo che è scoppiato il caso, l’imprenditore si è deciso a guardare il CV e l’ha assunta subito.
Bah. Se ci sono così tanti problemi provi ad alzare lo stipendio… Quanto costa un kilo di pane a Milano?
Non ci credo. Venga ad aprire in provincia, dove i ragazzi di vent’anni si fanno il mazzo più di molti trentenni e più di molti miei coetanei. Avrebbe già aperto un mese fa. Non credete a tutto quello che si legge.